Nathan Drake è tornato. Probabilmente per l’ultima volta, con la più grande delle sue avventure in Uncharted 4: La Fine di un Ladro.
Uncharted 4: La Fine di un Ladro non è solamente il primo videogioco di Naughty Dog per la nuova generazione di console (remaster e compilation a parte). È anche la conclusione di un franchise che fa un enorme passo in avanti. Che capisce come combattere la moda dei videogiochi open world e che riesce ad offrire ciò che altre avventure hanno provato ad offrire senza successo. In questa recensione, ti racconteremo perché il quarto capitolo della saga con protagonista Nathan Drake non è solo il miglior gioco della serie, ma anche un esempio da seguire per tutte le avventure che verranno da qui in avanti. Un altro paio di maniche sarà riuscire a ottenere lo stesso livello qualitativo.
Naughty Dog è diventata durante la scorsa generazione di console una delle aziende più importanti del settore. Alla trilogia di Drake per PlayStation 3 si è aggiunto il meritatamente acclamato The Last of Us, videogiochi che fanno la differenza e che offrono una personalità propria al catalogo di una console. Lo studio era, infatti, l’elemento distintivo che aveva Sony nel suo variegato elenco di studi di sviluppo. E si è guadagnato la fiducia per fare in modo che i consumatori aspettassero, fin dall’annuncio della nuova PlayStation 4, di vedere cosa sarebbe stata in grado di fare. Probabilmente per questo motivo sono stati presi così male i ritardi, per quanto in alcuni casi siano stati veramente piccoli. Perché volevamo già avere tra le nostre mani ciò che stavano preparando.
[amazon template=wishlist&asin=B00KWAFNYQ]
Le aspettative non erano errate. La professione giornalistica abitua ad essere piena di giudizi, errori di valutazione e mille altri tipi di critiche, dalla più giustificata a quelle senza fondamenta. Ma questa esposizione al grande pubblico quando ci si trova a pubblicare una recensione molte volte viene ricompensata in momenti come questo. Avere la possibilità di provare, godere e approfondire uno dei videogiochi più importanti dell’anno con un po’ di anticipo e vivere di persona, senza anticipi ne influenze esterne, un’esperienza come quella offerta da Uncharted 4: La Fine di un Ladro, è un vero privilegio.
Sono molte le virtù di Uncharted 4: La Fine di un Ladro e ciò che sono riusciti a fare con il videogioco ha un grande merito. In un momento in cui i videogiochi open world la fanno da padrone, siano essi sparatutto, avventure, sandbox o puzzle game, arriva Naughty Dog e resta fedele a un modo di intendere i giochi. Un’idea che sembra di un’altra generazione anteriore al – pure – boom degli FPS. Ma se ha dimostrato una cosa lo sviluppatore Sony è anche la capacità di adattarsi. E questo vuol dire che Uncharted 4: La Fine di un Ladro supera la trilogia originale, tra le altre cose perché è in grado di offrire un giro di viti a qualcosa che ha funzionato su PlayStation 3 ma che sarebbe più difficile nel contesto contemporaneo.
Le avventure al giorno d’oggi sembrano aver capito che dinnanzi agli enormi contenuti degli open world debbono offrire qualcosa che faccia la differenza. E questo si deve, in parte, a una narrativa cinematografica ispirata, pure, dalle serie televisive che piacciono così tanto alla società attuale. È proprio in questo punto che abbiamo visto nomi come The Order: 1886 o Quantum Break provando a creare una tendenza. Ma rimanendo sempre a metà strada. Vuoi a causa di un contenuto giocabile scarso e irregolare (come nel caso del gioco di Ready at Dawn) o a causa del non essere riusciti ad amalgamare la narrativa e i personaggi alle sequenze giocabili (come nel caso del gioco di Remedy). Naughty Dog è, semplicemente, su un altro livello in questo senso. Per via dell’equilibrio tra gli elementi, per la naturalezza emanata nella relazione tra loro e per la coerenza che si vede in ogni momento in un videogioco che non dimentica, mai, esattamente quello che è: un videogioco.
Drake: Chi sei?
Non riveleremo troppi dettagli sulla trama, ci baseremo solo sulle fasi iniziali e ciò che in molti già sanno. Nathan Drake è il carismatico protagonista di un’avventura in cui rincontrerà suo fratello Sam. La relazione tra loro è il filo conduttore di una nuova storia di avventure che contiene tutto ciò che ci possiamo aspettare dal franchise. La presenza di personaggi classici come Elena e Sully, o quella degli antagonisti che hanno lo stesso o più carisma dei protagonisti (o, almeno, superiore a quello di altri nemici incontrati nella saga), così come uno sviluppo trepidante di avanzamento continuo con alcuni giri inaspettati. D’effetto, con un ritmo serrato e con qualche sorpresa.
È quindi una trama che cerca di approfondire due premesse. La prima, il Nathan Drake attuale che lavora e vive in tranquillità contro il Drake che conosciamo e che vive ancora nelle profondità del suo essere. La seconda, Sam. Chi è, da dove viene, cosa vuole e perché torna. Come già successo in Uncharted 3, Naughty Dog dà uno sguardo al passato per capire entrambe le premesse, anche se lo fa molto meglio rispetto al gioco per PlayStation 3. Una delle critiche verso L’inganno di Drake è stato precisamente come il ritmo di gioco veniva interrotto bruscamente con l’infanzia di Drake. Non per l’epoca, ma per l’interazione del giocatore in quelle fasi del gioco. Qui vedremo un Drake pre-adolescente, ma molto più vicino a quanto ci si aspetta dal futuro esploratore leggendario. Sicuramente qualche flash back della fase finale del gioco non è propriamente ben incastrato nello sviluppo giocabile, ma lo è perfettamente nella fase narrativa.
Chi ha giocato gli anteriori Uncharted può sapere più o meno ciò che si deve aspettare a livello narrativo, fatto che viene rinforzato coi personaggi, ingegnosi nei commenti, con un tocco di umorismo che a volte sfiora l’auto ironia, frizioni occasionali e anche il tocco drammatico in alcuni punti, tutto funziona senza nessuna pretesa a parte quella di offrire una trama convincente. Sam aggiunge un ruolo interessante all’avventura, Sully è sempre il solito, Drake trasuda il carisma innato con cui è entrato nelle nostre vite durante il primo Uncharted e gli antagonisti… non sapremmo quale scegliere. Persino Elena, che sembra relegata in un secondo piano inizialmente, diventa esattamente ciò che tutti ci aspettavamo. Un elenco di personaggi che semplicemente funziona e distribuisce ruoli in modo azzeccato sia da una parte che dall’altra. Approfondendo quanto basta per provare empatia verso di loro mentre, ovviamente, cerchiamo l’ennesimo tesoro. Infatti proprio come i suoi predecessori, la saga si allontana da grandi storie trascendentali e mantiene un certo tocco naif che lo rende così diverso da questo punto di vista da altri titoli dove sembra che l’unica cosa importante per il giocatore sia salvare il mondo.
Non tutto è perfetto a livello narrativo e lo sviluppo dello stesso, ci mancherebbe. Ma funziona. Infatti, come solitamente accade con Naughty Dog, la compagnia si prende alcune licenze per giustificare alcune mosse (relativi alle meccaniche di gioco o con la trama in sé) che possono essere accettati o meno, ma a livello globale sia il tono dell’avventura che lo sviluppo della stessa, così come i momenti di climax – incluso il tramo finale e un epilogo diverso dal solito – sono di un valore veramente alto che lascia momenti memorabili.
Riformulare il concetto: Avventura d’azione
La forza della narrativa è molto presente nei primi momenti di gioco, ma in questi capitoli iniziali si iniziano a intravedere varie idee che vanno a calare e servono a riformulare non solo la meccanica di gioco della saga, ma anche del genere. In Uncharted 4: La Fine di un Ladro abbiamo sempre sparatorie con coperture, fasi platform, alcuni puzzle ed elementi d’esplorazione. Ciò che cambia è il modo di affrontare ognuna di queste proposte giocabili. Persino mischiando varie tra loro con un risultato davvero soddisfacente. È lineare, ma non dà l’impressione di un gioco on rail. La differenza a questo punto è importante.
Il sistema di sparatorie sarà familiare a chiunque conosca la saga e il genere degli TPS. Da Gears of War (2006) che ha reso popolari le coperture, tutti i videogiochi con queste caratteristiche lo hanno accettato senza alcun problema. Uncharted lo ha fatto e lo mantiene. Qui, la differenza, è il design degli scenari che si presenta dal primo momento. In anteriori capitoli molte volte avevamo uno spazio limitato che lasciava capire perfettamente da dove arrivavano i nemici e dove ci potevamo muovere noi. Questo cambia nella maggior parte degli scontri che avremo in Uncharted 4: La Fine di un Ladro.
Le sparatorie si espandono in ogni direzione, dando la sensazione molte volte di avere scontri a 360 gradi. Questo si deve al design degli scenari, molto più verticale con due, tre e quattro livelli d’altezza, e molto più irregolare nella morfologia. Non è raro combattere tra piattaforme, con varie montagne e piccoli pilastri sparsi nello scenario e che questo si traduca in coperture che possono essere usate solo per breve tempo. Perché è volatile e perché chiunque ti può arrivare alle spalle.
Il pericolo dei nemici si moltiplica per questo motivo, ma crescono anche le opzioni per il giocatore. Ogni punto di controllo dopo la morte è un’opzione per tentare qualcosa di diverso. Salire su un edificio che abbiamo di fianco per attaccare prima alcuni cecchini, muoverci tra l’erba alta per avvicinare un altro gruppo di nemici… e questo è solo l’inizio. E solo uno dei modi che abbiamo a disposizione per affrontare le battaglie, dato che la maggior parete delle volte ci viene offerta la possibilità di evitare i combattimenti con infiltrazioni. In stile The Last of Us.
Quando arriviamo in una zona piena di mercenari si attiva la modalità stealth del gioco. Hanno livelli d’allerta che li portano a sospettare di alcuni movimenti e se ci vedono avvisano tutto il gruppo. È veramente complicato (e soddisfacente) finire uno scenario senza essere individuato, ma funziona bene quando lo usiamo per sfoltire il campo di battaglia prima di essere scoperti. Possiamo attaccare da coperture, spazi in cui è possibile nascondersi come l’erba alta o con attacchi a distanza. La libertà di decidere come affrontare le battaglie è uno dei suoi punti a favore, che tu voglia affrontare faccia a faccia l’orda di nemici o cercare di non farti scoprire.
A tutto questo si aggiunge il fattore platform del videogioco. Anche questo porta movimento al gioco. Possiamo muoverci in posti inimmaginabili per cercare di sorprendere i nemici o anche solo per sfuggire alle pallottole. Non sono poche le volte in cui finito di affrontare un gruppo gireremo lo scenario e scopriremo quante opzioni avevamo a disposizione per affrontarli. E la voglia di ripetere sperimentando varie possibilità non mancheranno. Anche il rampino che ha un ruolo vitale nelle zone platform può fare la differenza in queste sparatorie, saltando da un posto all’altro come se fossimo Batman in uno dei giochi della serie Arkham, ma con nemici che non ci perderanno di vista facilmente.
Il rampino è una delle meccaniche più importanti del gioco. Crea occasioni elle fasi platform, che sono più dinamiche e meno automatiche in molti momenti, e permette di sperimentare possibilità diverse sia per lanciarsi per arrivare in un posto lontano che per scalare pareti o scendere senza pericolo di caduta. Inoltre aggiunge una buona dose di spettacolo in varie sequenze. Ma non è l’unica novità. Avremo cadute da alcune frane che percorreremo a grande velocità alla ricerca di un punto dove agganciarci, avremo pareti dove sarà possibile piantare picconi per creare nuove piattaforme e non mancheranno strutture che crolleranno al nostro passo costringendoci a cambiare percorso.
La parte migliore degli elementi platform durante più della metà del gioco è precisamente che non sono piattaforme per arrivare da un punto A a un punto B, anzi, offrono molto di più. Meccaniche che non sono complicate ma costringono il giocatore a rimanere concentrato; situazioni di combattimento dove gli spari sono importanti quanto le piattaforme o zone d’infiltrazione in cui ci troveremo a muoverci in terrazze, edifici e finestre senza farci scoprire. Purtroppo, nonostante offra una grande varietà di situazioni, è anche vero che la seconda parte del gioco abusa in eccesso di varie zone di piattaforme semi automatiche in cui si avanza in modo terribilmente evidente, cosa che ci sorprende, dato ciò che viene offerto prima, queste zone potrebbero essere diverse. Anche se non sono troppe e nemmeno troppo lunghe, se vogliamo essere precisi.
Nemici e alleati
Spareremo con una grande varietà d’armi (non manca nessuno dei classici) ripuliamo zone con granate, combattiamo corpo a corpo con un sistema funzionale – senza troppe pretese – mentre decidiamo se usare le piattaforme, lo stealth o semplicemente la nostra mira. La versatilità dei combattimenti che ci troviamo davanti, la varietà di meccaniche e soprattutto la sensazione di fare sempre qualcosa fanno in modo che il ritmo dell’avventura non crolli nelle 15 ore di gioco. E che sia pure divertente. L’equilibrio delle proposte giocabili è quasi perfetto, e la sfida ci costringerà a morire più di una volta a livello di difficoltà medio. Grazie, anche, a un elenco di nemici capace di accerchiarci, sorprenderci attaccando corpo a corpo, essendo terribilmente letale nel caso di un cecchino o di un lancia granate e pesante e insistente quando arriva con armatura extra e fucile in mano.
L’IA dei nemici funziona generalmente bene, sia nello stealth che nei combattimenti. Non sarebbe male se fossero un po’ più svegli quando vedono una granata di fianco a loro e qualche copertura poteva essere migliore, ma in linea generale si nascondono quando spariamo, sanno quando è il momento di attaccare corpo a corpo e se stiamo troppo tempo nascosti ci faranno saltare in aria con le granate. Il comportamento dei mercenari si combina benissimo con la grande quantità di nemici che troveremo ogni volta. Rari sono gli scontri in cui avremo solo 4-5 nemici sparsi nello scenario, ed è giusto così data l’enormità degli scenari se paragonati ai giochi che hanno preceduto Uncharted 4: La Fine di un Ladro. In questo senso, forse a peccare un po’ è l’IA degli alleati. Saremmo sempre accompagnati da qualcuno, e anche se in fase stealth eliminano nemici e si muovono senza essere scoperti, nelle sparatorie non hanno una mira eccelsa (qualche volta uccidono i nemici) e a volte in situazioni molto movimentate potrebbero essere più utili.
Zone aperte e veicoli
La scala degli scenari cresce, e con lei l’esplorazione di oltre 100 tesori, diari, conversazioni extra ecc. Ma non solo di questo si nutre il gioco. Avremo a disposizione anche varie zone aperte dove muoverci liberamente. Varie di esse, come se fossimo in Shadow of the Colossus, valgono la pena anche solo per muoverci in questi paesaggi, vedere l’orizzonte intorno a noi e già che ci siamo recuperare qualche tesoro. Questo dona altra giocabilità al gioco e per gli amanti dell’azione sfrenata, l’opzione di andare dritti verso il nostro obiettivo (non senza prima superare le sfide del terreno e piccoli puzzle) sarà sempre presente. In ogni caso, il comune denominatore di questi scenari sono i veicoli. Che sia una Jeep o un motoscafo, percorrere la suddette località non è pesante grazie alla velocità di questi mezzi.
Inoltre, apportano nuove meccaniche alla proposta giocabile. La Jeep permette di muoversi in luoghi impossibili da raggiungere a piedi, e ha un verricello nella parte anteriore del veicolo che permette di creare nuovi percorsi, salire per salite che sarebbero impossibili a causa del fango e distruggere intere strutture. Il motoscafo invece si addentra in zone ben precise e permette di investire nemici che ci inseguono in mare. Il controllo in entrambi i casi funziona senza problemi e in modo naturale. Non mancano elementi scriptati e spettacolari a bordo dei veicoli, e possiamo anche dire che uno dei migliori capitoli di tutto il franchise si svolge sulla Jeep… E ciò che viene poi saltando tra veicoli, sparando agganciati ad una corda e facendo esplodere tutto intorno a noi.
Osservare, leggere, ascoltare
La proposta di Uncharted 4: La Fine di un Ladro è completa con tutto ciò che ha a che vedere coi rompicapo che costringono il giocatore a fermarsi un momento, prendere respiro e pensare a come risolverli. Tutti loro hanno la logica come denominatore comune, e senza essere una sfida troppo grande, esigono dal giocatore concentrazione verso ciò che ha intorno a lui. Muovere meccanismi in modo che si apra una nuova strada, dare un’occhiata alle note del nostro eterno e consumato diario e provare. Tutto ciò che scriveremo servirà come indizio, come lo fanno anche alcuni commenti dei nostri alleati che ci possono aiutare talvolta a sapere da che parte tirare o cosa cercare se siamo bloccati.
Ma non solo di grandi rompicapi è composto il gioco, che offre sempre qualche sfida, anche piccola, per complicare un po’ il nostro percorso. Dal classico movimento di una scatola per arrivare su piattaforme elevate all’esplorazione di una zona per creare nuove strade, che sia brutalmente facendo esplodere pareti o collaborando coi nostri alleati per raggiungere zone inaccessibili a entrambi contemporaneamente in modo da farci aiutare poi per continuare ad avanzare. In questo caso, niente che non si asia già visto realizzato con successo negli anteriori capitoli della saga. Oltra all’evidente eredità di The Last of Us nelle sequenze stealth – presenti in quasi tutte le sparatorie – il titolo prende anche dall’avventura post-apocalittica molti percorsi di semplice contemplazione in cui la narrativa visiva e la nostra interazione con lo scenario apporta informazione al giocatore che la otterrà solo se vorrà farlo.
Perché è il nuovo re delle avventure
Ripassare le meccaniche, come sono stati rifinite le basi della saga e come tutto confluisce può sembrare un po’ poco sulla carta, ma è proprio la combinazione delle proposte e come si incatenano l’una con l’altra ciò che la rende un’esperienza con veramente pochi errori. Tutto ciò che propone è fatto bene. Ci viene mostrata una fase stealth mentre saltiamo tra una finestra e l’altra e ci adattiamo a quella situazione senza armi di mezzo, successivamente siamo sott’acqua alla ricerca di un tesoro e ci sembra di aver controllato Nate sott’acqua da tutta la vita, la stessa cosa accade quando usiamo la Jeep per la prima volta.
Capiamo in un momento che in quella nave mezza affondata possiamo sparare al nemico che abbiamo di fronte, saltare con il rampino alla sinistra, colpire un nemico mentre cadiamo e nasconderci in una protuberanza per confondere gli altri mercenari. Tutto fluisce con una naturalezza incredibile. Tutto ciò che ci viene presentato è eseguito in modo solido. Non si può criticare nessuna meccanica di risolversi in modo inferiore alle altre. E questo succede mentre viviamo un’avventura che ci viene raccontata con scene cinematiche perfettamente integrate, alcuni QTE che non stravolgono i momenti giocabili chiave ma invece mantengono il perenne fare qualcosa nel gioco, commenti mentre avanziamo che allargano il contesto e anche piccole opzioni di dialogo che danno l’opzione di approfondire alcune tematiche.
A tutto questo manca un unico concetto per completare l’equazione: l’intensità. Spesso si critica la saga Uncharted di essere una specie di fuochi d’artificio che scoppiano intorno al giocatore mentre si cammina tra loro. E questo, che può essere in parte vero, si presenta in Uncharted 4: La Fine di un Ladro con una caratteristica speciale: il giocatore è molto più partecipe di quanto accade. L’intensità si traduce in mobilità, in opzioni di combattimento e nell’esigenza di reagire più velocemente a ciò che accade. E non è che non ci siano momenti in cui saremo semplici spettatori, come abitua Naughth Dog. Se mettiamo tutto questo insieme a un finale che è un crescendo di emozioni, incluso il grande combattimento finale, il risultato e ciò che potata vedere.
Rigiocare e completare
Man mano che avanzeremo nel gioco otterremo una serie di punti che possiamo investire per comprare bonus di ogni tipo. Da vestiti diversi per i personaggi del gioco a sbloccare armi che abbiamo scoperto per usarle nel capitolo in cui le desideriamo, passando da una grande quantità di filtri che cambiano l’aspetto del gioco: Cell Shading, pixel, negativo, filtri degni di Instagram ecc. Inoltre, possiamo aggiungere alcune opzioni come l’assenza di gravità per i cadaveri, aggiungere lo slow motion, uno specchio che riflette ciò che vediamo o aggiungere i suoni delle epoche passate.
La cosa più interessante è, in ogni caso, provare le difficoltà più elevate dato che non significano solo una maggior precisione dei nemici e un danno più letale quando siamo colpiti, ma saranno anche più attenti contro le infiltrazioni. Se nella modalità normale abbiamo una barra di attenzione che prima si riempie di giallo e in caso di allarme diventa arancione, nella difficoltà massima il minimo sospetto vuol dire essere scoperti e tutti i mercenari in massa ci spareranno per ucciderci. Abbiamo a disposizione l’opzione di giocare solamente gli scontri senza affrontare tutte le cinematiche, nel caso ci interessi ripetere qualsiasi capitolo andando dritti al sodo. Non dimentichiamo nemmeno la Modalità Foto – in stile the Last of Us – in cui possiamo applicare filtri, cambi di camera e altre amenità che ci troveremo a usare più di una volta in ogni ambiente.
Il multigiocatore di Uncharted 4: La Fine di un Ladro
L’esperienza Uncharted è da sempre legata alla modalità storia, e in questo senso la modalità multigiocatore è concepita come un semplice extra. Ma un extra può essere una cosa senza importanza, e anche qualcosa che dona valore, anche solo per offrire punti diversi a quelli a cui siamo abituati. E la cosa certa è che il multiplayer di Uncharted non pare sarà uno dei più giocati della console (la competizione è molto alta), ma ha quanto basta per raccogliere una comunità fedele che può divertirsi per ore – quante si vedrà con il passare del tempo e l’evoluzione della proposta – e invitare a giocare anche solo per partite occasionali. Il gioco ha quattro modalità principali: Duello tra squadre, Duello per squadre classificato secondo l’abilità, Command che è una specie di Dominio con alcuni extra come la figura del capitano, che ha dei bonus ma è visibile ai nemici, e Saccheggio, simile a qualsiasi ruba bandiera ma con l’idolo come oggetto da portare nel nostro forziere del tesoro. Inoltre abbiamo a disposizione modalità di prove per ottenere denaro extra e una specie di modalità allenamento per imparare le basi del multi giocatore.
Uncharted 4: La Fine di un Ladro in questo senso non spicca né nelle modalità né nella varietà proposta, abbastanza conservatore sotto questo punto di vista. Ma riesce ad aggiungere meccaniche della campagna principale all’azione un po’ caotica che avremo in certi momenti per il design delle mappe e ha un sistema di ricompense, extra e accessori che sono più che attraenti. Il tutto con un sistema di denaro che otteniamo compiendo azioni nel gioco che poi potremo reinvestire in migliorie per il personaggio o in oggetti puramente estetici, come preferiamo.
Basicamente ci occuperemo di raccogliere soldi man mano che giochiamo per poi usarlo in diversi fronti. Tra le abilità che spiccano nel multi giocatore ci sono gli elementi mistici, come la possibilità di evocare lo spirito di Djinn o el Dorado. Il primo ci permette di fare piccoli teletrasporti a grande velocità sorprendendo gli avversari mentre il secondo evoca un totem che distrugge tutto ciò che ha intorno. Abbiamo altri mistici come una pietra Cintamani che recupera la vita in una zona precisa o un oggetto che rivela la posizione dei nemici. Per usare questi oggetti dobbiamo spendere i soldi che otteniamo, e questo significa che non potremmo usarlo per altri boost, cosa che ci costringerà a usare un po’ di tattica. Oltre a questo possiamo anche evocare NPC che ci aiuteranno nei combattimenti: un cecchino che copre la nostra zona, un medico che ci rialzerà quando cadiamo, un cacciatore che attacca corpo a corpo ed è resistente alle pallottole o un Bruto capace di assorbire proiettili mentre spara grandi quantità di munizioni.
Questa varietà di opzioni si aggiunge all’acquisizione di armi secondo i soldi che abbiamo a disposizione e a meccaniche Uncharted applicate al multiplayer, come scalare pareti o usare il rampino per saltare e sorprendere i nemici dall’alto. Meccaniche che hanno i loro momenti nelle partite, ma che non sono sviluppate come nella storia principale ne sono così abituali come lo saranno le coperture, tirare fuori la testa e sparare. Il design delle mappe (8 in totale) invita il generarsi di momenti di confusione per la presenza di zone un po’ ristrette, ma in cambio hanno una buona verticale che, occorre dirlo, supera ciò a cui siamo abituati nei shooter moderni.
Il modello del gioco è pensato per poter investire ciò che otteniamo in nuove armi, potenziamenti ed elementi estetici. La sensazione è che si genera abbastanza denaro giocando, ma questo non toglie che sia stata inserita una moneta acquistabile con soldi veri per arrivare ai risultati facilmente (anche se Naughty Dog insiste nel dire che tutto ciò che compriamo con questa moneta si può acquistare giocando, la controversia del modello è presente). Dall’altra parte della bilancia troviamo la politica di evoluzione – promessa – del gioco, con aggiornamenti gratuiti e nuovi contenuti che riceveremo in futuro. Solo il tempo ci dirà fin dove arriverà un multi giocatore con personalità ma un po’ conservatore nelle basi.
Comparto tecnico
Uncharted 4: La Fine di un Ladro è probabilmente il gioco più vistoso attualmente su PlayStation 4. Un comparto tecnico che sorprende in molti momenti e che invita a vedere ogni piccolo dettaglio una mille volte. Probabilmente spiccano i modelli dei personaggi, con una riproduzione facciale piena di dettagli, cappelli naturali, imperfezioni nei volti che apportano sensazione di realismo, sguardi e persino un lavoro minuzioso in altri elementi come i vestiti, come il tempo e i fattori esterni li influenzano. Il fatto di avere transizioni tra le scene e in-game con gli stessi modelli fa sembrare il tutto un film. La prima volta che appare Nadine la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un personaggio in carne e ossa, semplicemente.
A questo si aggiungono scenari pieni di contrasti (visiteremo molte località che cambiano radicalmente a livello artistico tra loro) e che hanno dettagli di ogni tipo. Dobbiamo solo guardare le pietre, il fango, l’acqua di uno degli scenari a campo aperto per rendersi conto della cura che ha il gioco in questo aspetto, o le pareti degli edifici di un paesino del terzo mondo, l’ostentazione di grandi magioni dei secoli passati… In tutti i luoghi che visitiamo troviamo piccoli dettagli che mostrano la grandezza tecnica del gioco, che è splendido anche nell’illuminazione.
Uncharted 4: La Fine di un Ladro gira a 1080p e 30 frame per secondo (abbiamo sofferto qualche caduta in certi momenti di devastazione assoluta che non intaccavano la giocabilità) e si finisce per capire l’assenza dei 60 fps quando vediamo la finitura del videogioco. È cere che nelle zone aperte si perdono i dettagli e che in qualche momento qualche texture ritarda a caricare qualche secondo più del necessario, la sensazione è che nell’insieme per il momento è il riferimento assoluto per PlayStation 4. Il multiplayer gira a 60 fps, che si notano nella fluidità, ma le finiture dei modelli sono un po’ più scarne, come anche gli scenari e gli effetti delle particelle.
La colonna sonora accompagna perfettamente con melodie varie che compaiono nei momenti di massima tensione. Al di là di una OST che ha ben chiaro quando deve suonare e cosa deve offrire per un videogioco con queste caratteristiche, si nota la cura a livello di suoni con piccoli pezzi che apportano più di quanto non sembri. Da una parte melodie che suonano se compiamo determinate azioni mentre giochiamo. Dall’altra, per il ricordo rimane una sinfonia suoni che appare in un certo momento durante la retta finale e che ti mette nei panni dei protagonisti che sono presenti nello schermo in quel momento. Infine, e per concludere la nostra recensione di Uncharted 4: La Fine di un Ladro, il doppiaggio in italiano offre una notevole interpretazione generale (fatta eccezione per gli scagnozzi nella villa italiana in cui si sente la mancanza di qualità nella presa diretta).
Conclusione
Uncharted 4: La Fine di un Ladro è il meglio che Naughty Dog abbia fatto negli ultimi dieci anni. E dire questo con Uncharted 2 e The Last of Us nell’elenco di videogiochi da loro creati non è poco. Tanto è vero che il quarto capitolo non sarebbe ciò che è senza l’eredità dei due videogiochi per PlayStation 4 (prende molto dalle avventure di Joel ed Ellie) per poi superarli in ogni fronte. Un’avventure con la A maiuscola, che gioca un altro campionato con una giocabilità a prova di bomba e un comparto tecnico senza pari su PlayStation 4. Naughty Dog ha preso il meglio dai suoi ultimi giochi e lo ha rinnovato con sparatorie versatili in cui l’infiltrazione, le piattaforme e il design verticale degli scenari giocano un ruolo importante quanto quello degli spari. Un aumento di scala negli scenari che offre varietà e pretende dal giocatore sempre di più, che in cambio si trova davanti una proposta che funziona a meraviglia in tutto ciò che offre. Non importa che siamo sott’acqua, guidando un Jeep, cadendo dalle frane, lottando corpo a corpo o puntando con un fucile da cecchino. Tutto risponde alla perfezione ed è soddisfacente da realizzare.
L’intensità con cui accadono gli avvenimenti, il carisma dei personaggi e una trama che sfugge a epiche storie per offrire un’avventura semplice quanto efficiente e vistosa, rendono Uncharted 4: La Fine di un Ladro la grande avventura della generazione. Naughty Dog ha dimostrato di avere tra le mani la formula per riuscire a fare in modo che il peso della narrativa, così importante per il genere oggi, brilli accompagnato, e non sostituito, da un sistema di gioco all’altezza. Uncharted 4: La Fine di un Ladro contiene infatti alcuni dei migliori momenti che ricordiamo sui nostri controller, in nessun momento dimentica ciò che è: un videogioco in cui l’utente è il protagonista dell’avventura, non uno spettatore.
[…] Uncharted 4: La Fine di un Ladro – Recensione […]