Abbiamo recensito per voi Mad Max, uno dei grandi videogiochi usciti durante questo settembre basato sull’omonimo film.
Per quanto parliamo di un grande maestro come lui, che il cinema d’azione avesse bisogno del regista di Happy Feet o Babe per tornare a splendere la dice molto lunga sullo stato attuale di questo genere. Comatoso e con grande parte di quella divertente pattina pop che accompagnava molti film durante gli anni 70 e 80 ben diluita tra macchine tuning, donne oggetto e Danza Kuduro, ha dovuto pensarci George Miller, l’incaricato di sedersi nuovamente su una sedia da regista e riportare dal mondo dei morti Max Rockatansky, il protagonista di una trilogia mitica segnata dall’eccentricità e la sperimentazione, per darci una lezione magistrale di come si fa il cinema. Il risultato, Mad Max: Fury Road, è riuscito a far saltare in aria anche le più rosee aspettative, regalandoci uno dei film più interessanti, coinvolgenti e citate dell’ultimo lustro. Un’ode al lavoro tecnico, all’originalità è un modo di fare cinema che ormai sembrava sepolto sotto l’influenza di produttori hollywoodiani. L’opera di un artigiano, nel senso più puro della parola.
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La gente di Avalanche Studios è ben lontana dall’essere esperta nel loro settore, ma non si può negare che ci siano un po’ portati, e ancor più importante che abbiano la capacità di trovare strumenti semplici ma versatili da collegare al giocatore per riuscire a intrattenerlo senza grandi pretese. Un’abilità che nel caso di Mad Max, diventa tanto evidente che si fatica a biasimarli per i loro errori, che ci sono. Diventa molto facile scollegare il cervello per lasciarsi trascinare dalla sua estetica, le sue meccaniche e l’indiscutibile rispetto al materiale da qui partono.
La prima cosa che salta all’occhio è una cosa del tutto inaspettata conoscendo la traiettoria dello studio e quella di Warner Bros. Incaricata di metterci i soldi. Dopo quanto abbiamo visto in “L’ombra di Mordor” potevamo aspettarci una sorta di imitazione o ispirazione alla serie di Batman, con la quale condivide un bel po’ di fattori. Qui, nonostante si ispiri chiaramente al combattimento ritmico di questo, il gioco sceglie di puntare su meccaniche più simili ad altri giochi come Far Cry 3. Da quest’ultimo prende, senza dubbio, l’ispirazione riguardo agli accampamenti, alla necessità di scoprire e conquistare diverse parti del territorio e alla progressione del nostro personaggio e la nostra automobile, fondamentale in entrambi per poter avanzare nelle vaste distese di deserto che ci circondano.
Menzionare la nostra automobile è obbligatorio, perché è intorno a lei che gira tutta la nostra avventura. Proprio allo stesso modo rispetto al film Fury Road, da cui prende parecchie cose, nonostante il videogioco sia stato annunciato ben due anni prima del lancio nei cinema. Max viene privato del suo Interceptor V-8, una delle più che meritate icone del cinema, non appena iniziata la storia; per questo motivo si vede costretto ad allearsi con uno sfigurato meccanico estremamente abile che crede che costruendo un nuovo veicolo compirà il destino stabilito dagli dei. Una scusa come un’altra per giustificare il movimento del nostro personaggio con una guida scarsa ma migliorabile con il trascorrere del tempo, per combattere contro fazioni di selvaggi in divertenti scontri ad alta velocità che richiedono sia una buona mira che una buona capacità di guida, ma soprattutto per avventurarsi nel mondo raccogliendo rottami, l’inaspettata ma logica moneta di Mad Max.
Quasi tutto in Mad Max ha un senso, essendo sempre coerente con il mondo immaginato da Miller. Scoprire nuove zone è impossibile senza l’aiuto della nostra macchina e dei diversi palloni aerostatici disseminati nella mappa, come fossero posti di guardia. L’acqua sarà una risorsa scarsa e motivo di conflitto durante gran parte della trilogia cinematografica, in questo caso funziona come medikit, obbligandoci a stare sempre attenti alla nostra borraccia per non soffrire eccessivamente con la salute del nostro personaggio. Due esempi fra i tanti che ci parlano dell’importanza di una buona ambientazione e ben pensata, ma che hanno il difetto di essere in alcuni casi elementi semplicemente decorativi. La benzina, che potrebbe aggiungere facilmente elementi di sopravvivenza e gestione in modo simile a come invece fanno le scarsissime munizioni disponibili finisce con l’essere una scusa per mostrare l’indicatore dello schermo e usarla come esplosivo. Proprio come se Max avesse scoperto le bontà del diesel, raramente vedrete il vostro serbatoio al di sotto della metà della sua capacità, ricaricandosi inoltre automaticamente quando vi fermerete nelle fortezze suddivise in modo relativamente generoso su una mappa considerevolmente estesa.
È veramente un peccato, perché allo stesso modo di altri sandbox usciti durante gli ultimi anni, il problema non sta nella capacità di creare dello studio, ma in caratteristiche inerenti al genere. La ripetizione di strutture nonostante la diversità di azioni che possiamo effettuare, finisce col passare fattura a un gioco la cui durata non è inferiore in nessun caso alle 20 ore, e forse incorporare quei dettagli nelle meccaniche di gioco avrebbe potuto apportare un po’ di varietà necessaria quando si parla di un gioco lungo. Lottare a mani nude, con quella specie di ballo ritmico basato su due bottoni, colpire e contrattaccare, è senza dubbio soddisfacente, soprattutto se teniamo conto dei piccoli segni di brutalità che Avalanche ha incluso su un sistema molto rodato come quello sviluppato da Rocksteady, ma non si può in nessun modo impugnare le armi, nemmeno per brevi periodi di tempo, o un indicatore di furia più estetico e funzionale. Non ottiene la profondità che il recente Arkham Knight ha dimostrato con combo e gadget che qua brillano per la loro assenza. La stessa cosa accade al combattimento motorizzato, divertente perché risulta molto frenetico, ma limitato a sparare in slow motion su punti chiave dell’automobile nemica o sullo scontrarsi per un periodo considerevole di tempo fino a quando uno dei due non salta in aria.
Eppure la parte peggiore del gioco non sta nelle sue meccaniche, che per quanto migliorabili o più o meno ispirate sono in ogni caso coerenti e gradevoli. Il problema più grave sta nella storia. Dopo una magistrale dimostrazione di minimalismo come quella mostrata in Mad Max: Fury Road è quasi un’offesa che il gioco abbia puntato sul solito argomento del prescelto che nasce dalle leggende perse nel tempo, o che sprechi in quel modo un personaggio di poche parole ma tanto carisma come Max. Per non parlare di un Lord Scrouts che, nonostante lo strambo, non si discosta da altri antagonisti precedentemente visti su altri generi. Ricordare Furiosa, un’icona femminile piena di sfumature capaci di sconvolgere la visione tradizionale della donna nel cinema o a Nux un fanatico capace di trasmetterci due o tre volte idee complesse come la regressione a uno stato primitivo della società o l’interazione umana come catalizzatore evolutivo dei nostri istinti primari, fa più male che bene a un copione che sceglie una strada molto più convenzionale.
Non fraintendeteci: Mad Max è un videogioco fantastico, uno di quelli che uscendo nel mezzo di altri lanci di maggior peso economico importante, passerà più inosservato di quanto meriti. Solo per il suo comparto grafico al servizio dell’ambientazione, il suo rispetto per il materiale e le tante cose che offre sia al fan di sempre quanto a quelli che si sono appena entrato in questo pericoloso mondo post apocalittico di benzina, sangue e fuoco merita di essere ricordato come un successo all’interno dei numerosi adattamenti di opere cinematografiche ai videogiochi. Parlare di aspetti negativi qui equivale a lamentarsi delle opportunità perse che uno dei pezzi più rischiosi del cinema è l’evoluzione dell’industria brindavano a un’opera conosciuta precisamente per la sua capacità di estendere i limiti della narrativa e l’immaginazione.
Vista al giorno d’oggi, la pellicola originale di Mad Max è una vera opera d’arte, un prodotto raro lontano da qualsiasi corrente artistica associata a un’epoca concreta. Avalanche ha invece scelto il cammino contrario, giocando sul sicuro e approfittando con intelligenza svariati tra i punti forti della serie. Una decisione che in nessun caso può essere recriminata, capace di soddisfare tutti coloro che decideranno di dargli un’opportunità continuando con una certa dignità l’eredità di una saga, ironicamente, più viva che mai.
Mad Max
PS4 63,12 € | Xbox One 62,22 € | PC 44,99 €Pro
- Ottima ricreazione degli ambienti.
- La visceralità e brutalità del sistema di combattimento.
- I momenti strategici negli assalti alle fortezze.
- La guida e vedere come il nostro veicolo diventa pian piano una macchina da guerra.
- È un gioco che diverte.
Contro
- Design delle missioni principali poco ispirato.
- La storia, un po’ troppo semplice.
- Un senso di ripetitività quando si tratta di cose da fare.