Escape From Tarkov, l’FPS indie di Battlestate Games, promette un’esperienza realistica mai vista nel genere. Ecco la nostra preview.
Siete soli, tutt’intorno i rumori della foresta, il vento tra le foglie, il fruscio dell’erba. E i vostri passi. Ad un tratto sentite esplodere tre colpi di pistola in lontananza, qualcuno vi ha visto. Iniziate a correre, una pallottola nel braccio è l’ultima cosa di cui avete bisogno. Gli alberi sfrecciano intorno a voi, dopo l’ennesimo cespuglio v’imbattete in una piccola apertura scavata nella terra, dei gradini in legno v’invitano a scendere.
C’è poca luce, e non avete niente per illuminare lo stretto corridoio, ma in fondo ad una stanza notate i contorni di alcune casse. Aspettate qualche minuto con l’arma puntata verso l’ingresso, dopo un po’ rivolgete l’attenzione ad una delle casse. Munizioni, viveri, ed uno strano congegno del quale non conoscete ma che decidete lo stesso di portare con voi. Da fuori nuovi colpi, stavolta più lontani, chiunque vi stesse seguendo ha ormai perso le tracce. Riempite lo zaino con i viveri e il resto, sembra proprio che questo sarà un raid fortunato.
Ed ecco i primi passi nell’universo di Escape From Tarkov. Il gioco, prodotto e sviluppato dalla Battlestate Games, punta a fare del realismo il suo elemento di forza. Differentemente dalla quasi totalità degli fps online, che per attirare pubblico incentrano l’azione sul gusto del frenetico, EFT risulta quasi privo di scontri adrenalinici. Giocandoci passeremo la maggior parte del tempo nascosti in attesa del nemico, o strisciando a fianco di vecchie mura e all’interno di casolari abbandonati in cerca di viveri o altro materiale da sopravvivenza, nonché di equipaggiamento militare, sperando di passare inosservati ed evitare così una mitragliata nello sterno, ciò quantomeno durante le prime ore di gioco. Infatti lo scopo della nostra partecipazione online consisterà nel sopravvivere ai “raid”. Una volta selezionato il personaggio e scelto il campo da gioco, verremo catapultati in una zona ostile piena di giocatori malintenzionati, tutti con l’obiettivo di farci la pelle e rubare il nostro equipaggiamento, per poi scappare dalla zona e terminare vittoriosi il raid.
Dietro uno scopo all’apparenza semplice, si nascondono un gameplay e una lore decisamente complessi. Ci troviamo, come i più sagaci avranno intuito, a Tarkov, l’agglomerato urbano più grande della “Special Economic Zone” di Norvinsk, regione di passaggio fra la Russia e l’Europa del 2028. Il territorio in questione, prima dell’escalation di violenza nella quale si colloca il gioco, garantiva un regolamento molto poco restrittivo in ambito commerciale per qualsiasi impresa avesse deciso d’investirci. Multinazionali d’ogni dove trasferivano i loro progetti nella zona, anche e soprattutto progetti di dubbia moralità, garantite dalle leggi locali.
Non passò molto prima che uno di questi progetti finisse con lo scatenare un incidente diplomatico, attirando l’attenzione delle Nazioni Unite, delle autorità pubbliche locali e, visti gli interessi in ballo, di due grandi compagnie militari private, l’USEC, al soldo della multinazionale Terra Group, e la BEAR, creata presumibilmente dal governo russo ma formalmente privata, con lo scopo di smantellare i progetti illegali di Terra Group, finendo inevitabilmente per scontrarsi con gli agenti dell’USEC.
Le truppe ONU non riuscirono a mantenere l’ordine a lungo, e dopo una breve situazione di stallo si giunse allo scontro aperto fra le due compagnie, gettando la regione, e soprattutto l’agglomerato urbano di Tarkov, nel caos e nell’anarchia.
Prima d’iniziare il raid ci verrà chiesto anzitutto il pg di quale compagnia usare. Per ora le differenze sono minime (ricordiamo che il gioco non è ancora uscito nella versione completa), cambia la lingua delle esclamazioni, dato che i personaggi BEAR aggiungeranno un po’ di russo al tutto, e cambiano alcuni tratti facciali del soldato, che in ogni caso sarà brutto come la morte, senza collo, col naso tozzo e la faccia da pugile. Il classico criminale di guerra est europeo che non vorresti mai farti nemico. Dopodiché andremo a scegliere l’equipaggiamento per il nostro primo raid. All’inizio avremo a disposizione solo una pistola, zaini e vestiario tattico, acqua, cibo, medikit e munizioni. Fatto questo ci verrà chiesto se assicurare il nostro equipaggiamento. Nel caso di morte, usciti dal raid avremo ancora con noi il materiale assicurato, tutto il resto invece andrà smarrito, per la fortuna del giocatore che s’imbatterà nel nostro cadavere. Ebbene sì, niente respawn, morire una volta significa fallire il raid e perdere l’equipaggiamento. Potremo comunque assicurarne una parte nei limiti del denaro che avremo a disposizione.
Terminati i preparativi, non dovremo far altro che gettarci in una delle varie mappe di Tarkov, e sopravvivere. Il paesaggio come detto sarà quello di una città in rovina e dei suoi dintorni boscosi, purtroppo non molto vario. Per dare un maggiore senso d’immersività al gioco, non ci saranno musiche di sottofondo. All’inizio vagheremo con un equipaggiamento scarso e poco competitivo, il nostro scopo sarà principalmente quello di passare inosservati mentre facciamo scorta di altro equipaggiamento sul campo. Sopravvivendo al raid, giungendo vivi al punto di estrazione, tutto ciò che abbiamo raccolto sarà nuovamente utilizzabile per la partita successiva. Un buon consiglio è di non precipitarsi subito nel multiplayer, ma familiarizzare con le meccaniche giocando alcune partite offline.
Per dare modo ai neofiti di sparare qualche colpo senza temere l’ira di giocatori esperti e super equipaggiati, gli sviluppatori hanno deciso di popolare la mappa con quelli che nel gergo vengono chiamati “scavs”, abbreviativo di “scavengers”, ovvero i sopravvissuti non affiliati né all’USEC né alla BEAR che cercano di fare fortuna raccogliendo equipaggiamento abbandonato, o che semplicemente provano a tirare avanti nella zona segnata dal conflitto. Png dunque, gli unici bersagli ai quali è consigliabile dare battaglia prima di aver fatto esperienza. Il gioco richiede un certo impegno ad ogni partita, è necessario avanzare con cautela e pianificare le mosse, conoscere le varie sfaccettature della mappa, ingaggiare il nemico con cautela. Non è quindi adatto al giocatore occasionale.
Le meccaniche non puntano sull’azione ma sul realismo. Come detto non esiste il respawn, inoltre non c’è quasi alcuna traccia di HUD, ciò significa ad esempio che per tenere il conto delle munizioni dovremo controllare quante ce ne rimangono dalla finestra d’inventario. Niente mirino al centro della visuale, prima di mettere le mani sopra un reflex avremo bisogno di più tempo per prendere la mira, sarà quindi vitale riuscire a scivolare dietro le spalle del nemico. Attenzione, meglio non sottovalutare gli scontri a fuoco, potremo anche avere la meglio sugli avversari, ma una pallottola è sempre una pallottola. Se allontanandoci dalla battaglia udiremo il nostro personaggio che ansima, dovremo sbrigarci a curarlo, dato che il povero diavolo starà rischiando di morire dissanguato.
Nonostante la grafica sia tutt’altro che sorprendente, l’ottimizzazione lascia un po’ a desiderare. Non è consigliabile soffrire cali di fps durante il gioco, bisogna far contare ogni proiettile, e la fluidità della telecamera è importante, quindi conviene abbassare il dettaglio grafico se la gpu lo richiede. Il comparto audio regala una soddisfacente atmosfera da “calma prima della tempesta”, ma una tutt’altro che soddisfacente resa dei colpi e delle esplosioni.
Complessivamente il gioco è molto originale e ben strutturato, anche se tutt’ora in versione beta. Le meccaniche premiano l’ingegno sopra i riflessi, quindi accumulare esperienza durante i raid è più importante che averne in altri fps. Come titolo ha le carte in regola per diventare un ottimo prodotto completo, diverso dal solito e allettante per chi cerca un buon livello di competitività. Guadagna punti se giocato in coop.
Al momento il gioco è disponibile solo in Inglese, Tedesco e Russo.